Capire quale modello applicare per ripartire con il COVID

Una delle domande che ci stiamo facendo tutti è come ripartire quando sarà allentato il lockdown che si è reso necessario a causa dell’emergenza COVID. C’è molto fermento a livello politico, sociale e aziendale su ‘cosa fare’, anche se ritengo che sia molto più importante chiedersi prima ‘cosa ha senso fare’ e ‘che modello operativo ha senso applicare’ per procedere e per decidere, perché il rischio che corriamo è quello di interpretare la situazione a seconda di come siamo fatti noi e quindi applicare istintivamente i modelli che ci sono più congeniali o riproporre in modo più o meno consapevole i modelli che siamo abituati ad applicare a un contesto che però è radicalmente cambiato. Per comprendere quale modello operativo/decisionale abbia senso applicare si può utilizzare Cynefin (si pronuncia: /ˈkʌnɨvɪn/), un framework di interpretazione della realtà e di scelta delle strategie per affrontare le diverse situazioni del quale avevo già parlato in un precedente post di qualche anno fa e che nel frattempo ha acquisito popolarità.

Cynefin individua cinque domini rappresentativi della realtà in cui ci troviamo e l’esercizio consiste nel comprendere in quale dominio si trovi ogni situazione da gestire:

  • il dominio Ovvio (Obvious domain) è quello in cui le relazioni causa/effetto dei fenomeni sono appunto ovvie e comprensibili da tutti; in questo tipo di dominio ha senso agire seguendo delle cosiddette Best Practice, secondo schemi noti per cui le decisioni saranno prese secondo un modello del tipo Percepire – Categorizzare – Rispondere (Sense –  Categorise – Respond); per esempio le convenzioni dell’andare per strada sono ovvie e note a tutti e le decisioni saranno prese categorizzando le situazioni che si presentano secondo quello che dice la Best Practice che è il codice della strada; in questo dominio ha senso avere dei vincoli rigidi e gestire le attività stesse seguendo dei processi
  • il dominio  Complicato (Complicated domain) è simile a quello Ovvio, anche se le relazioni causa/effetto dei fenomeni non sono ovvie e comprensibili da tutti ma solo da degli esperti; in questo tipo di dominio ha senso agire seguendo delle Good Practice, soggette a valutazione e interpretazione da un esperto, le decisioni saranno prese secondo un modello del tipo Percepire – Analizzare – Rispondere (Sense – Analyse – Respond); per esempio una malattia nota richiede una conoscenza medica e la conoscenza di un protocollo terapeutico, occorrerà la valutazione di un medico; in questo dominio ha senso avere dei vincoli di governo, nel nostro esempio le prescrizioni generali del protocollo terapeutico, che però dovranno poi essere interpretate e applicate dal medico, che è l’esperto
  • il dominio Complesso (Complex domain) è quello in cui le relazioni causa/effetto dei fenomeni possono essere comprese solo a posteriori, ma non in anticipo;  in questo tipo di dominio si seguono e si plasmano delle Emergent Practice, che sono delle pratiche innovative basate sulla sperimentazione, o delle cosiddette Exaptive Practice, che sono l’adattamento di capacità e abilità già a presenti a nuove esigenze; in entrambi i casi le decisioni saranno prese secondo un modello Esplorare – Percepire – Rispondere (Probe – Sense – Respond); per esempio una malattia nuova richiede necessariamente della sperimentazione e l’adattamento di capacità, abilità e tecniche mediche già note a un nuovo contesto terapeutico e il protocollo terapeutico viene creato, modificato in modo dinamico e continuamente migliorato; in questo dominio ha senso avere solo dei vincoli abilitanti, ovvero delle regole che aiutano il sistema a procedere più spedito, come lo sono per esempio le regole di una metodologia di lavoro agile quale Scrum
  • il dominio Caotico (Chaotic domain) è quello in cui non ci sono relazioni causa/effetto e se ci sono non possono essere comprese; in questo dominio ci sono solo delle Novel Practice, nelle quali le decisioni saranno prese secondo un modello Agire – Percepire – Rispondere (Act – Sense – Respond); queste sono le tipiche situazioni di emergenza, dove si tende ad agire e fare immediatamente qualcosa senza porre limiti o vincoli, salvo poi provare a capire se quello che si è fatto può essere replicabile e cercare di spostarsi verso un dominio diverso, di solito quello Complesso
  • Il quinto dominio, quello del Disordine (Disorder domain) è quello in cui non è chiaro quale sia il modello interpretativo da applicare, è quello in cui ci troviamo la maggior parte del tempo ed è quello più insidioso; in questo dominio infatti la tendenza è a interpretarlo secondo la propria zona di confort o secondo la propria esperienza con il rischio di prendere decisioni secondo un modello errato; se sono una persona metodica e mi trovo a mio agio a gestire processi avrò la tendenza a considerare tutto ovvio e ad applicare processi anche dove i processi non funzionano e non possono funzionare

La tensione del genere umano è da sempre quella spostare quante più situazioni progressivamente dal dominio Caotico verso quello Complesso, poi verso quello Complicato e infine a quello Ovvio. Bisogna però stare attenti a interpretare le situazioni e collocarle nel dominio corretto, vediamo alcuni esempi.

La ipersemplificazione di ciò che semplice non è, per esempio prendere decisioni di tipo medico secondo il modello del dominio Ovvio, può far perdere il controllo della situazione e farci precipitare nel dominio Caotico, in figura rappresentato dal ‘dirupo’ tra il dominio Ovvio e quello Caotico.

Anche mettere troppi vincoli a qualcosa che appartiene correttamente al dominio Ovvio ci potrebbe far precipitare nel dominio Caotico: un limite di velocità troppo basso in autostrada fa precipitare l’autostrada nel caos.

È abbastanza evidente che la sottovalutazione iniziale dell’emergenza COVID che stiamo affrontando, la narrazione del COVID come se fosse una normale influenza, quindi gestendolo nel migliore dei casi secondo lo schema del dominio Complicato, nel peggiore secondo lo schema del dominio Ovvio e non più correttamente secondo lo schema del dominio Complesso come avrebbe dovuto essere, ci ha precipitato verso il dominio Caotico. A quel punto le reazioni sono state quelle corrette, i protocolli terapeutici e le misure di contenimento si sono sviluppati secondo lo schema Agire – Percepire – Rispondere tipiche del dominio Caotico. Progressivamente, man mano che le Novel Practice hanno cominciato a essere individuate, abbiamo quindi cominciato a spostare i protocolli terapeutici e le azioni nel dominio Complesso: i protocolli terapeutici che si stanno consolidando per via sperimentale sono delle Emergent Practice e si sono visti anche esempi di Exaptive Practice, il più mediatico dei quali è sicuramente stato l’adattamento delle maschere da snorkeling per l’ossigenazione dei pazienti in terapia sub-intensiva. Con l’andare del tempo e il consolidamento dell’esperienza e dei protocolli terapeutici ci sposteremo auspicabilmente verso il dominio al quale vogliamo che la medicina appartenga che è il dominio Complicato, anche se come sappiamo c’è sempre una deriva latente verso la medicina fai da te, quindi verso il dominio Ovvio, che però è pericoloso, come anche l’esperienza del COVID ci ha insegnato.

Lascio al lettore l’esercizio di andare più nello specifico ad analizzare alla luce di questo modello di interpretazione i singoli comportamenti che si sono visti nei mesi in cui è esplosa l’emergenza, sia da parte dei cittadini che delle istituzioni ai vari livelli. Non è difficile e il fatto sorprendente è che Cynefin aiuta a mettere in luce in maniera piuttosto lampante le letture corrette o errate che sono state fatte dai vari attori nelle varie situazioni.

Abbiamo parlato fin qui dell’aspetto medico-sanitario, ma avvicinandosi il momento della fine del lockdown e della ripartenza, ci sarà da rileggere tutto il contesto socio-economico-organizzativo e il modello interpretativo di Cynefin può essere di aiuto per non sbagliare l’approccio decisionale ed evitare di precipitare nel dominio Caotico. Alcuni modelli organizzativi apparterranno ai medesimi domini di prima dell’emergenza COVID, altri invece richiederanno un profondo ripensamento. La convivenza con il virus negli ambienti di lavoro richiederà che molte attività che prima erano gestite secondo le logiche tipiche del dominio Ovvio dovranno cominciare a essere gestite secondo logiche più tipiche del dominio Complesso, quindi in modo euristico, sperimentale e agile oppure secondo le logiche del dominio Complicato, quindi con l’aiuto di esperti.

Imparare dalle lezioni e migliorare la gestione dei progetti

«Io non perdo mai. A volte vinco, altre imparo»
Nelson Mandela
Uno degli aspetti che viene ripreso da tutte le metodologie di gestione dei progetti ma che spesso viene trascurato a livello applicativo è quello della gestione delle cosiddette lezioni apprese. Più o meno in tutti i contesti in cui mi trovo ad operare si fa qualcosa, ma è abbastanza raro trovare chi è disposto a utilizzare un metodo strutturato di apprendimento dall’esperienza. E a mio avviso un metodo strutturato di apprendimento dall’esperienza non può prescindere dal poter disporre di misure sulle performance di progetto.
Una best practice in tal senso la prendo quindi in prestito da ITIL e dal suo approccio CSI – Continual Service Improvement – approccio che mette la giusta enfasi sulla necessità di misurare i risultati di una qualsiasi attività per poter individuare i punti di forza su cui fare leva e i punti di debolezza da migliorare, senza mai perdere di vista il valore che ciascuna attività apporta all’azienda. L’approccio CSI – basato sul ciclo di Shewhart, ripreso da Deming – è stato pensato per il miglioramento dei servizi ma nella mia personale esperienza si può applicare altrettanto efficacemente ai progetti.
 
L’approccio CSI si compone di sei fasi, analizziamole alla luce dell’esigenza di apprendimento dall’esperienza nei progetti:
Fase 1: chiarire la visione, tenendo in considerazione la missione, gli obiettivi di breve e lungo termine, garantendo che tutti ne abbiano una comprensione comune. La visione rappresenta uno stato aziendale desiderato a medio termine e anche le modalità di gestione dei progetti devono contribuire alla sua realizzazione.
Fase 2: valutare la situazione attuale e stabilire una baseline, un punto di riferimento, di dove esattamente si trova attualmente l’organizzazione e, nel nostro specifico, il nostro approccio alla gestione dei progetti. Questa fase richiede delle misure e può essere impegnativa. L’aspetto fondamentale è l’onestà intellettuale, le misure possono essere di tipo qualitativo ma è essenziale essere onesti, non raccontarsela, motivo per cui un supporto esterno può essere utile. Per esempio l’utilizzo di un Modello di Maturità come quello fornito gratuitamente da Praxis Framework può aiutare a effettuare una valutazione sostanzialmente oggettiva.
Fase 3: definire i passaggi verso la visione in base alle priorità di miglioramento e stabilire obiettivi misurabili. Di solito è impossibile, o per lo meno molto difficile, passare direttamente dallo stato attuale a quello desiderato rappresentato dalla visione. Più verosimilmente si porteranno intraprendere azioni di miglioramento che ci faranno fare progressi nella direzione desiderata.
Fase 4: documentare e implementare un piano di miglioramento, facendo riferimento alle best practice per la gestione dei progetti. Ciascuno ha le proprie preferenze, ISO 21500, PMBoK, PRINCE2, AgilePM, Scrum, Praxis Framework sono tutte ricche di spunti e strumenti utilizzabili per il miglioramento. In questa fase è fondamentale mettere in atto azioni concrete di miglioramento a partire dal primo progetto disponibile
Fase 5: monitorare i risultati, utilizzando le misure e le metriche appropriate definite in precedenza. E qui di nuovo il Modello di Maturità di Praxis Framework  ci può fornire una misura oggettiva del miglioramento.
Fase 6: mantenere lo slancio assicurando che i miglioramenti siano integrati e che si vada in cerca di ulteriori opportunità di miglioramento. Per fare questo è importante che l’approccio CSI sia integrato nei processi di gestione dei progetti. Praxis Framework per esempio prevede due momenti in cui tale approccio può essere efficacemente utilizzato, nel Processo di Identificazione del progetto e nel Processo di Chiusura del progetto.
 
Insieme ai colleghi di E-quality abbiamo elaborato un percorso, PM@work, con l’obiettivo di supportare le aziende in questo percorso di miglioramento, in modo molto concreto e operativo.
 

Perché ITIL® Practitioner crea valore per le piccole aziende

Sul blog di AXELOS mi è stato pubblicato un breve articolo in cui racconto come l’utilizzo dell’approccio che viene proposto nell’ambito della certificazione ITIL® Practitioner sia stato di utilità in una mia recente esperienza di consulenza.

ITIL® si porta dietro il pregiudizio di essere qualcosa di utile solo per grandi realtà: la mia esperienza mi ha insegnato che con un opportuno lavoro di “adotta e adatta” lo si può applicare proficuamente anche in realtà aziendali medio piccole e a progetti IT di portata limitata.

Si può leggere l’articolo cliccando qui, buona lettura!