Il metodo Kanban per l’implementazione di DORA e NIS2, ottimizzazione della resilienza digitale e della sicurezza informatica

Le normative europee DORA (Digital Operational Resilience Act) e NIS2 (Network and Information Security Directive 2) pongono nuove sfide alle aziende, imponendo requisiti più stringenti e cogenti in termini di resilienza digitale e sicurezza informatica. Entrambe mirano a garantire la continuità operativa e la gestione efficace del rischio ICT, seppur con ambiti differenti: DORA si concentra sul settore finanziario, mentre NIS2 si applica a un’ampia gamma di settori critici.

In questo contesto, il metodo Kanban offre strumenti concreti per migliorare la gestione del rischio, ottimizzare i processi e garantire la conformità normativa attraverso un monitoraggio costante e l’uso di metriche chiave.

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Kanban e la resilienza digitale nel contesto di DORA e NIS2

Nello specifico il metodo Kanban, con il suo approccio evolutivo, aiuta le organizzazioni a:

  • Migliorare la prevedibilità e il controllo del flusso di lavoro, garantendo un’operatività stabile e resiliente.
  • Ottimizzare la gestione degli incidenti e delle vulnerabilità informatiche, rispettando i tempi di notifica e risoluzione imposti da DORA e NIS2.
  • Monitorare le performance e l’efficacia delle misure di sicurezza, grazie a metriche chiare e aggiornate in tempo reale.

Metriche Kanban per la conformità a DORA e NIS2

Le metriche Kanban permettono di valutare e migliorare la resilienza operativa e la gestione del rischio ICT. Le principali metriche applicabili sono:

1. Lead Time e Cycle Time

  • Lead Time misura il tempo necessario per completare un’attività dall’inizio alla fine, utile per monitorare la velocità di risposta agli incidenti e garantire il rispetto delle tempistiche di notifica imposte da DORA e NIS2.
  • Cycle Time si concentra sul tempo impiegato per completare specifiche fasi di un processo, aiutando a migliorare la gestione delle vulnerabilità e l’implementazione di misure di sicurezza.

2. Throughput

  • Indica il numero di attività completate in un determinato periodo. Nel contesto normativo, aiuta a monitorare la capacità di risposta agli incidenti, il numero di test di sicurezza eseguiti e le misure di mitigazione adottate.

3. Work in Progress (WIP)

  • Limitare il WIP previene il sovraccarico dei team, garantendo che le risorse siano allocate in modo efficiente e che le attività più critiche vengano gestite con priorità.

4. Cumulative Flow Diagram (CFD)

  • Fornisce una visione chiara del flusso di lavoro, aiutando a identificare colli di bottiglia e ritardi nella gestione della sicurezza informatica e della resilienza operativa.

5. Blockers

  • Evidenziano ostacoli che rallentano o bloccano il flusso di lavoro, come ritardi nelle decisioni di sicurezza o problemi nella gestione delle terze parti, aspetti fondamentali per DORA e NIS2.

6. Lead Time di recupero

  • Misura il tempo necessario per ripristinare completamente un sistema dopo un incidente, in linea con i requisiti di continuità operativa previsti da entrambe le normative.

Kanban e il rispetto degli SLA

Gli SLA (Service Level Agreements) definiscono i livelli di servizio garantiti, tra cui tempi di risposta, ripristino e mitigazione delle minacce. Grazie alle metriche Kanban, le aziende possono:

  • Monitorare in modo continuo il rispetto degli SLA relativi alla sicurezza e resilienza operativa.
  • Individuare inefficienze nei processi e ottimizzare la gestione delle risorse.
  • Garantire una risposta più rapida agli incidenti, riducendo i tempi di inattività e i rischi operativi.

I benefici di un flusso di lavoro stabile e prevedibile

Oltre alla conformità normativa, un flusso di lavoro ottimizzato con Kanban porta numerosi vantaggi:

  • Soddisfazione del cliente: una maggiore affidabilità nei servizi rafforza la fiducia e la reputazione aziendale.
  • Agilità aziendale: una gestione più flessibile e reattiva facilita l’adattamento ai cambiamenti normativi e tecnologici.
  • Cultura del miglioramento continuo: team più consapevoli e proattivi nel migliorare i processi di sicurezza e resilienza.
  • Minore sovraccarico del personale: un carico di lavoro bilanciato riduce lo stress, migliorando il benessere e la produttività.
  • Migliore trasparenza: una chiara visione dello stato del lavoro facilita la collaborazione tra team e stakeholder.
  • Migliore pianificazione e previsione: maggiore accuratezza nel rispetto delle scadenze e delle normative.

Conclusione

L’adozione del metodo Kanban nell’implementazione di DORA e NIS2 rappresenta un’opportunità strategica per migliorare la resilienza digitale e la sicurezza informatica. Grazie a un monitoraggio efficace e a metriche specifiche, le aziende possono:

  • Rafforzare la protezione contro le minacce cyber.
  • Migliorare la gestione degli incidenti e delle vulnerabilità.
  • Ottimizzare le risorse e garantire la continuità operativa.
  • Assicurare la conformità normativa e il rispetto degli SLA.

L’integrazione di Kanban nei processi aziendali consente di trasformare la sicurezza informatica e la resilienza operativa in un vantaggio competitivo, rendendo le organizzazioni più sicure, efficienti e reattive alle sfide del futuro.

Fonti

  1. Direttiva NIS2 – UE 2022/2555 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32022L2555
  2. DORA – Regolamento (UE) 2022/2554 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32022R2554
  3. David J. Anderson, Kanban: Successful Evolutionary Change for Your Technology Business, Blue Hole Press, 2010
  4. David J. Anderson, Teodora Bozheva, Kanban Maturity Model: A Map to Organizational Agility, Resilience, and Reinvention – 2nd Edition, Kanban University Press, 2021
  5. ISO/IEC 27001:2022 – Information Security Management Systems
  6. ENISA – Guidelines on Cybersecurity Measures under NIS2

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Come funziona Kanban: ottimizzare i processi aziendali con la Teoria dei Vincoli (TOC) in Kanban

In questo articolo vi parlo di come funziona Kanban, approfondendo come sia possibile ottimizzare i processi aziendali con la Teoria dei Vincoli (TOC) in Kanban. La Teoria dei Vincoli (TOC), introdotta da Eliyahu M. Goldratt negli anni ’80 del secolo scorso, è un approccio che mira a migliorare le prestazioni delle organizzazioni concentrandosi su quei pochi fattori che limitano la produttività. TOC si basa su un concetto fondamentale: ogni sistema ha un vincolo che ne determina la capacità massima. Pertanto, il miglioramento complessivo dipende dall’individuazione e dalla gestione del vincolo più critico.

Cosa sono i Vincoli?

Un vincolo, nella Teoria dei Vincoli, è qualsiasi elemento che impedisce a un sistema di raggiungere i suoi obiettivi perché costituisce un collo di bottiglia. Questo elemento può essere una risorsa scarsa, una politica aziendale, una fase produttiva, o addirittura la domanda di mercato. Come Goldratt descrisse, i vincoli sono come l’anello debole di una catena: è inutile rinforzare gli altri anelli se non si rafforza quello che effettivamente limita la resistenza dell’intero sistema.

I cinque passaggi della Teoria dei Vincoli

Per applicare la TOC, Goldratt ha proposto cinque passaggi che aiutano a identificare e gestire i vincoli in maniera sistematica:

  1. Individuare il vincolo: Il primo passo è capire quale parte del sistema limita il rendimento complessivo. Ad esempio, può essere un macchinario lento in una linea di produzione o una fase burocratica in un processo amministrativo.
  2. Sfruttare il vincolo: Una volta identificato il vincolo, è necessario massimizzare il suo rendimento. Bisogna ottimizzarne l’uso, assicurandosi che non ci siano interruzioni e che funzioni al massimo della sua capacità.
  3. Subordinare tutto al vincolo: In questo passaggio, si adattano tutte le altre fasi del processo alla capacità produttiva del vincolo. Ciò significa che le altre risorse non dovrebbero produrre oltre la capacità del vincolo, per evitare l’accumulo di work in progress o ritardi in altre parti del sistema.
  4. Elevare il vincolo: Se il vincolo continua a limitare la produttività, bisogna prendere misure per aumentare la sua capacità. Questo può includere l’acquisto di nuove attrezzature, l’assunzione di personale aggiuntivo o il cambiamento di politiche che causano inefficienze.
  5. Ricominciare il ciclo: Una volta che il vincolo è stato elevato o eliminato, è possibile che emerga un nuovo vincolo. Il processo ricomincia, garantendo un miglioramento continuo.
Schematizzazione del sistema Drum, Buffer e Rope (DBR)

Drum, Buffer e Rope

Un concetto chiave all’interno della TOC è il modello Drum, Buffer, Rope (DBR), che aiuta a sincronizzare i processi produttivi attorno al vincolo.

  • Drum (Tamburo): Il tamburo rappresenta il ritmo del sistema, imposto dal vincolo. Questo ritmo determina la cadenza a cui tutto il sistema deve operare, come un tamburo che scandisce il passo.
  • Buffer (Cuscinetto): Il cuscinetto è una riserva di lavoro che viene posta prima del vincolo, garantendo che esso non resti mai inattivo. Il buffer serve per assorbire le eventuali fluttuazioni o inefficienze in altre parti del sistema, proteggendo il vincolo da ritardi.
  • Rope (Corda): La corda è il meccanismo di comunicazione che collega i processi a monte del vincolo. Serve a controllare il flusso di lavoro verso il vincolo, evitando sovrapproduzione. La corda sincronizza il ritmo dell’intero sistema con quello del vincolo.

Applicazione della TOC con il Metodo Kanban

Il metodo Kanban integra perfettamente la TOC per la gestione dei vincoli nei flussi di lavoro, vediamo come:

  1. Individuare il vincolo: Attraverso l’uso di una Kanban board e delle metriche Kanban, è facile individuare il vincolo osservando dove si accumula il lavoro e misurando i tempi di attraversamento di ciascuna fase di lavoro. Le aree dove il lavoro si accumula indicano i colli di bottiglia. Questo rende visibile il vincolo, consentendo all’organizzazione di intervenire su di esso.
  2. Sfruttare il vincolo con Kanban: Una volta identificato il vincolo, la TOC consiglia di massimizzare il suo utilizzo. Kanban, grazie al suo meccanismo di “pull” (tirare il lavoro in base alla domanda), consente di gestire il flusso di lavoro in modo che il vincolo operi al massimo della sua capacità senza essere sovraccaricato.
  3. Subordinare tutto al vincolo: Kanban è eccellente nel subordinare le altre risorse al ritmo del vincolo. Con i limiti di WIP (Work In Progress), il metodo Kanban controlla che le risorse a monte non producano troppo, evitando che il vincolo venga sopraffatto dal carico di lavoro.
  4. Elevare il vincolo: Quando il vincolo raggiunge la sua capacità massima, l’organizzazione può decidere di investire per aumentarne la capacità. Ad esempio, potrebbe voler migliorare una fase del processo o aumentare le risorse a disposizione del vincolo. Anche in questo caso Kanban può evidenziare i miglioramenti implementati e facilitare la gestione del cambiamento.
  5. Iterare con Kanban e TOC: La combinazione di TOC e delle altre pratiche Kanban offre un ciclo continuo di miglioramento. Man mano che un vincolo viene risolto, Kanban permette di monitorare visivamente e misurare se emerge un nuovo vincolo e dove intervenire.

Un esempio pratico: l’Onboarding dei dipendenti

Utilizzando Kanban e la TOC un dipartimento di risorse umane ha migliorato drasticamente le proprie prestazioni, come ho già raccontato in un case study precedentemente pubblicato e approfondito in un webinar. Il dipartimento di risorse umane stava cercando di migliorare il processo di Onboarding dei nuovi dipendenti. Applicando Kanban, il team di lavoro ha visualizzato l’intero processo, dalla presa in carico fino all’integrazione dei nuovi arrivati nell’organizzazione, e ha cominciato a misurare i tempi di percorrenza delle varie fasi. Nel corso del tempo, si è osservato che una fase particolarmente lenta era quella legata alla firma del contratto, dove i nuovi assunti restavano disorientati dalla procedura di firma digitale, con l’effetto che questa fase del processo si protraeva per giorni, se non per settimane.

Seguendo la TOC, si è identificato questo come il vincolo. Si è stabilito che la fase di firma del contratto dovesse determinare il ritmo e la velocità di tutto il flusso di lavoro (drum). Si poi è creato un piccolo buffer di candidati pronti per firmare il contratto, in modo da non fare mai mancare lavoro alla fase che limita la velocità di tutto il processo. Infine, il flusso di lavoro è stato controllato tramite la ‘corda’ (rope), rappresentata dai limiti di WIP all’ingresso e lungo il flusso, in modo da non aggiungere troppi nuovi candidati nel processo fino a quando la fase di firma del contratto non fosse in grado di gestirli.

Il risultato immediato è stato quello di riuscire a stabilizzare il flusso di lavoro e renderlo prevedibile. Successivamente il vincolo è stato elevato, ovvero la fase di firma del contratto è stata ottimizzata, per accelerarla e di conseguenza accelerare tutto il processo. Questo ha permesso il dimezzamento del tempo di processo totale nel giro di circa un mese. Iterando poi il ciclo di miglioramento, nell’arco di un anno si è ottenuta una riduzione pari a quasi il 90% del tempo di processo totale.

Conclusione

La Teoria dei Vincoli all’interno del metodo Kanban è uno strumento estremamente potente per ottimizzare i processi aziendali. Mentre la TOC individua e affronta i vincoli che limitano le prestazioni, altre pratiche Kanban permettono di gestire in modo sistemico e flessibile il flusso di lavoro. La combinazione di questi approcci offre un ciclo continuo di miglioramento, rendendo l’organizzazione più efficiente, adattabile e pronta a rispondere ai cambiamenti.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Migliora il tuo project management con Kanban: Churchill ci insegna a scrivere le policy

Una delle pratiche generali del metodo Kanban è ‘Esplicita le Policy’ (Make Policies Explicit), che da un punto di vista pratico significa definire, scrivere e rendere chiare a tutti le regole di funzionamento del proprio sistema Kanban. Nella mia esperienza di coach osservo che questo è un aspetto spesso poco considerato, mentre invece è di un’importanza cruciale.

In questo articolo vi riporto e commento un famoso dispaccio declassificato di Winston Churchill, primo ministro britannico durante la seconda guerra mondiale, che ci insegna come si scrivono le policy. E ci insegna anche a cosa servono le policy.

A cosa servono le policy

Le policy definiscono come si svolge il lavoro in ogni fase del processo, come viene visualizzato il lavoro, come vengono prese le decisioni e quali sono gli interlocutori con cui relazionarsi, sia all’interno dell’organizzazione di servizi che con i clienti. Rendere esplicite le policy è essenziale per rendere il flusso di lavoro stabile e affidabile.

Il dispaccio di Churchill definisce una policy che spiega in modo chiaro e per punti le modalità secondo cui devono essere scritti i report perché siano efficaci. Lo stesso vale per le policy dei sistemi Kanban, sono istruzioni operative che devono descrivere cosa fare perché il flusso di lavoro funzioni efficacemente.

Peraltro chi si occupa di progetti e project management non può non notare il richiamo del dispaccio ad evitare di produrre carta e burocrazia inutile e limitarsi all’essenziale. Anche questo è un insegnamento che ritroviamo nel metodo Kanban. Per esempio la pianificazione dei progetti con Kanban permette di elaborare una previsione affidabile dei tempi e costi di progetto in modo rapido, economico ed efficace, senza inutili appesantimenti.

Come si scrivono le policy

Le policy devono quindi essere scritte in linguaggio semplice e comprensibile a tutti, sono istruzioni operative, non devono impressionare qualcuno ma essere applicate sistematicamente in modo tale da aiutare la stabilizzazione del flusso di lavoro.

Il dispaccio di Churchill è scritto nelle stesse modalità che descrive, in modo tale da essere esso stesso un esempio di come si scrivono i report. Per questo mi pare che sia un ottimo esempio di guida pragmatica, attuabile e basata su evidenze, come ci insegna a fare anche il metodo Kanban.

Spesso riscontro invece nelle aziende una preoccupazione per la forma con cui vengono scritte le policy. In una certa misura è comprensibile, ma non deve portare a perdere di vista la sostanza, come invece succede troppo spesso. La prerogativa dei sistemi Kanban non è quella di essere formalmente ineccepibili, quanto quella di funzionare in modo affidabile ed evolvere nel tempo.

A chi servono le policy

Le policy servono a chi opera sul flusso di lavoro per sapere come deve comportarsi nelle varie situazioni. Il team è chiamato a definire le policy che permetteranno di lavorare meglio e poi a rispettarle o a modificarle se non sono funzionali. In questo senso più che la scrittura delle policy è importante la loro applicazione. Se sapremo portare i flussi di lavoro ad essere stabili, sapremo poi anche evolverli, altrimenti no. Troppe volte vedo policy, anche pensate bene, che poi restano all’atto pratico lettera morta.

Di nuovo ci è di ispirazione il dispaccio di Churchill, che nell’ultimo paragrafo riassume il senso profondo del metodo Kanban: “la disciplina di esporre i punti concreti in modo conciso si rivelerà un aiuto per una maggiore chiarezza di pensiero”. E conseguentemente di azione.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
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Migliora il tuo Project Management con Kanban: gestire ed evolvere un’organizzazione che eroga servizi

Il metodo Kanban è uno strumento efficace per stabilizzare e poi evolvere in modo efficace ogni organizzazione che eroga servizi. Ho già raccontato in un precedente articolo come sia possibile utilizzare Kanban per misurare ed equilibrare i carichi di lavoro tra flussi di lavoro diversi. Questo è reso possibile dal fatto che i flussi vengono analizzati come se fossero indipendenti uno dall’altro, ciascuno di loro viene gestito e stabilizzato fino a farlo diventare affidabile e robusto a prescindere da ciò che accade nel resto del sistema. Infine si cerca di equilibrare in modo empirico e sperimentale la rete dei flussi collegati insieme, sempre però evitando la centralizzazione del controllo, che porterebbe il sistema complessivo a essere fragile. Al contrario una rete di sistemi Kanban è resiliente perché l’eventuale degradarsi di una parte ha sempre un impatto limitato sul resto del sistema.

L’applicazione di Kanban ai servizi

La funzione IT di Grow, l’azienda citata nel precedente articolo, che ricordo utilizza processi e ruoli basati sul framework ITILv3, ha la possibilità di equilibrare i carichi perché nell’arco di qualche anno ha fatto evolvere costantemente la propria struttura basandosi sulla logica sopra descritta. Nell’immagine si può vedere come il nucleo del sistema si basi oggi su tre sistemi Kanban, interconnessi ma indipendenti. Il primo è l’IT Portfolio, il flusso di lavoro che permette in modo trasparente di orchestrare tutti gli altri servizi e di destinare le risorse dove necessario. Il secondo è il Service Desk, flusso che gestisce il supporto agli utenti (richieste di servizio e incidenti). Il terzo è l’IT Workflow, flusso che elabora tutti gli elementi di lavoro relativi ai processi ITIL necessari far funzionare i servizi IT erogati dal sistema complessivo.

Le altre funzioni aziendali di Grow, che sono i ‘clienti’ della funzione IT, e che a loro volta sono in parte gestite con sistemi Kanban – come per esempio l’HR – interagiscono con il Service Desk per quanto riguarda l’operatività corrente e con l’IT Portfolio per richiedere tutti i miglioramenti ai servizi utilizzati. L’IT Portfolio indirizza i miglioramenti di piccola entità (Change Request – CR) all’IT Workflow, che li processa. Invece i miglioramenti di maggiore entità (Progetti) vengono indirizzati a un sistema Kanban specifico per la gestione dei progetti.

L’applicazione di Kanban ai progetti

La funzione IT di Grow ha un sistema di project management che si basa su PRINCE2 e AgilePM e anche nel caso dei progetti ha fatto evolvere il proprio project management grazie ai sistemi Kanban sviluppati al proprio interno. Il sistema Kanban del Progetto orchestra in modo trasparente il progetto stesso e indirizza lo sviluppo dei componenti ai vari team, che nel caso della nostra funzione IT sono per lo più dei fornitori esterni.

I fornitori esterni nella quasi totalità dei casi non utilizzano un sistema Kanban, ma come detto la loro eventuale instabilità impatta in modo limitato i sistemi Kanban interni che mantengono autonomamente la propria stabilità. Dai fornitori esterni possono anche ritornare delle richieste all’IT Workflow, per esempio per i test dei sistemi informatici che sono sviluppati dal progetto, oppure per i cambi di configurazione dei servizi modificati dal progetto.

Il sistema Kanban di Progetto, infine, non vede l’IT Portfolio solo come ‘committente’, ma interagisce anche con esso per richiedere eventuali CR fuori dal proprio ambito.

Mantenere il sistema bilanciato

E’ necessario sottolineare di nuovo l’importanza che hanno avuto e che hanno nel sistema dell’IT di Grow lo sviluppo, la gestione e la stabilizzazione di ciascuno dei flussi e dei sistemi Kanban in modo indipendente ma interconnesso. In questo modo l’IT di Grow riesce mantenere affidabili e robusti i flussi a prescindere dal funzionamento del resto del sistema e allo stesso tempo disporre di un sistema complessivo sostanzialmente prevedibile e resiliente.

Il metodo Kanban mette a disposizione numerosi strumenti e un metodo di sviluppo evolutivo consolidato per arrivare a questo risultato, senza sostituire i metodi di service management e project management già in uso, ma semplicemente aiutando ad utilizzarli meglio e a potenziarli, come avvenuto in Grow.

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Migliora il tuo IT Service Management con Kanban: FARA IT Operations – Applying the Kanban Method in the IT Operations Team (case study in inglese)

Applicando il Metodo Kanban, in cinque mesi a partire dall’ottobre 2021, FARA ha migliorato in modo significativo le proprie IT Operations e ha risolto la maggior parte delle ragioni di insoddisfazione che aveva individuato inizialmente e migliorato il suo Service Management. Ha raggiunto tali risultati facendo leva sulle tipiche pratiche Kanban: visualizzazione, limitazione del WIP (Work In Progress, ovvero il lavoro in corso), gestione del flusso di lavoro, esplicitazione delle policy, attuazione dei feedback loop (incontri periodici in cui team a vari livelli discute di come gestire e migliorare il sistema) e infine miglioramento collaborativo ed evoluzione sperimentale del sistema.

FARA è un’azienda tecnologica norvegese leader nei sistemi di mobilità intelligente nei paesi nordici. Da oltre 20 anni fornisce soluzioni di mobilità innovative (come l’Account-Based Ticketing, informazioni in tempo reale e gestione della flotta) per migliorare il flusso di informazioni, l’esperienza dei passeggeri e le infrastrutture di trasporto. E’ parte del Gruppo Ticketer, fornitore del sistema di biglietteria più diffuso nel Regno Unito.

Il Case Study, scritto da Anna Radzikowska, analizza i seguenti elementi che hanno migliorato le IT Operations di FARA:

  • Come la valutazione del livello di maturità ha aiutato a guidare i miglioramenti
  • Come il team ha identificato le cause principali dell’insoddisfazione
  • Cosa è importante per identificare le fonti di domanda
  • Come le modifiche per rendere esplicite le policy e la visualizzazione hanno aiutato ad affrontare i problemi
  • Come il team è riuscito a superare le resistenze legate alla sensazione che avere un nuovo processo fosse un’ulteriore costo che faceva perdere tempo
  • Come il team ha creato nuove abitudini
  • Quali automazioni ha impostato il team per diminuire il numero di interventi manuali
  • Come la ripartizione del lead time ha aiutato il team a identificare le aree di miglioramento

Leggi il case study sul sito Kanban+ della Kanban University

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Migliora il tuo IT Service Management con Kanban: identificare e misurare i flussi per ottenere livelli di servizio affidabili

Recentemente mi è capitato di essere interpellato per una consulenza Kanban da un collega che si sta occupando di supportare l’IT di una nota grande azienda di servizi. I servizi offerti dall’azienda in questione dipendono in modo significativo da una complessa rete di servizi informativi che spostano ingenti quantità di dati e gestiscono decine di migliaia di transazioni al giorno, per cui l’IT dell’azienda si ritrova a svolgere un ruolo critico per il business. Il CIO dell’azienda ha contattato il collega perché si trovava in difficoltà a comprendere le dinamiche del sistema e a mantenerlo sotto controllo.

carichi di lavoro del sistema misurati per orario della giornata

Quello a cui si è trovato davanti il collega, è un caso tipico: i sistemi informativi delle grandi aziende sono spesso modellati a partire dalle best practice ITSM di riferimento del mercato, quali ITILv3 o più recentemente ITIL4. Tali framework sono sicuramente utili per comprendere il contesto dei servizi IT e definire principi e processi delle organizzazioni anche se poi manca la parte pragmatica che permetta di plasmare l’ecosistema organizzativo in modo tale che ciò che è stato pensato e implementato possa essere successivamente controllato e migliorato. Manca quasi sempre quello che definirei il ‘motore’ per il miglioramento continuo. Per cui ci si trova a distanza di anni a non comprendere più le vere dinamiche di funzionamento del sistema organizzativo.

La prima cosa fatta è stata quindi cercare di ricostruire i flussi informativi di scambio tra i sistemi, a partire dai più critici. E’ stato utilizzato un approccio molto pragmatico, individuando insieme al CIO alcuni nodi che facevano sicuramente parte dei flussi e collocando in questi nodi delle sonde che rilevassero le metriche fondamentali di flusso tra i nodi stessi: throughput, tempi di attraversamento, carichi di lavoro distribuiti per orario della giornata e numero di transazioni che vanno in errore. Tali metriche sono poi state messe in un cruscotto a disposizione del CIO. Questo primo passo ha portato dei primi benefici in termini di visibilità e misura del sistema coerentemente con le pratiche Kanban di visualizzazione e gestione del flusso.

tempi di risposta del sistema misurati per orario della giornata

Dopo questa fase iniziale sono stati progressivamente individuati ulteriori nodi e aggiunte altre sonde in modo tale da andare a ricostruire e a misurare i processi reali all’interno dell’organizzazione. L’approccio pragmatico e sperimentale è stato apprezzato perché tende a ovviare uno dei problemi tipici dell’analisi dei processi in aziende di grandi dimensioni, dove la complessità è tale che ricostruire i flussi di lavoro con il metodo tradizionale di andare ad analizzare la documentazione e a intervistare le persone rischia di risultare fuorviante oltre che costoso.

Kanban offre una guida pragmatica su come utilizzare al meglio le metriche raccolte per ottenere un effettivo miglioramento dei flussi di lavoro e dei servizi e fare in modo che il CIO possa offrire al business livelli di servizio prevedibili e affidabili.

Aperta la finestra di visibilità sui flussi di lavoro, il prossimo passo sarà quindi quello di far leva su alcune pratiche Kanban che permettano di sviluppare il sistema in modo evolutivo;
a cominciare dall’introduzione di cicli di feedback a vari livelli dell’organizzazione per far riflettere le persone e fare emergere idee di miglioramento dei servizi; e proseguendo con l’arricchimento dei ruoli aziendali già esistenti con competenze e responsabilità di gestione dei flussi.

L’obiettivo finale è quello di arrivare a dotare l’organizzazione nel suo complesso di uno strumento di controllo efficace dei livelli di servizio, non più solo a disposizione dell’IT ma anche del business

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Migliora il tuo IT Service Management con Kanban: misurare ed equilibrare i carichi di lavoro di una funzione IT

Sto collaborando come consulente e coach da qualche anno con la funzione IT di un’azienda della quale non farò il nome per ragioni di riservatezza, la chiamerò Grow, un nome di fantasia.

Quando ho iniziato a collaborare con Grow, l’azienda in forte crescita ma con una storia di piccola realtà locale, non aveva mai avuto la presenza di un vero IT Manager di ruolo e la funzione IT era operata in modo sostanzialmente poco strutturato da altre funzioni.

Dopo un periodo iniziale in cui, in staff alla presidenza, ho svolto personalmente ad interim la funzione di IT Manager, cominciando a organizzare quella che sarebbe diventata la funzione IT, si è deciso di assumere una IT Manager di ruolo e insieme a lei siamo andati a strutturare la funzione mediante l’introduzione di processi e ruoli basati sul framework ITILv3, che allora costituiva lo stato dell’arte nel settore dei servizi IT. Per la parte di gestione dei progetti abbiamo invece sviluppato, sempre insieme all’IT Manager di Grow, un metodo interno basato su un ibrido tra i framework PRINCE2 e AgilePM che successivamente è stato adottato da tutta l’azienda Grow anche per i progetti non IT.

Nel corso degli anni si è quindi sviluppata in Grow una IT moderna, in staff alla direzione aziendale e basata sul concetto di System Integration and Management, che oggi conta un team di tre persone, oltre alla IT Manager, coordina e integra un network di fornitori esterni per erogare un numero sempre crescente di servizi IT alle direzioni tecniche di Grow, che nel frattempo ha raggiunto i tremila dipendenti.

Il volume di lavoro e le dimensioni sempre maggiori hanno posto l’IT di Grow di fronte a sfide nuove e complessità sempre crescenti e i modelli basati sui soli framework di ITSM e Project Management non erano più sufficienti.

Per questa ragione abbiamo cominciato ad applicare il Metodo Kanban con l’obiettivo di comprendere più a fondo il funzionamento dei vari servizi gestiti dall’IT per poterli gestire meglio.

distribuzione statistica dei tempi di risposta del Service Desk

Il Service Desk e i processi di Incident Management e Request Fulfillment sono stati la parte relativamente più semplice: dopo anni di lavoro per strutturarli con l’ausilio di uno strumento ITSM sono ottimizzati – si stima che il tempo medio di evasione di un ticket si sia ridotto in cinque anni di un fattore dieci. Introducendo la tipica metrica Kanban di distribuzione statistica dei tempi di risposta come in figura, ci siamo resi conto che in effetti l’attività di Service Desk stava sovra-performando, il 96% dei ticket erano evasi entro 4 ore a fronte di uno SLA concordato con il business di 8 ore per i ticket a bassa priorità che sono la stragrande maggioranza (99%).


distribuzione statistica dei tempi di risposta degli altri servizi IT

Più difficile inizialmente la misura degli altri servizi IT per i quali non si disponeva di strumenti di gestione equipaggiati con metriche Kanban. È stata quindi introdotta una Kanban board dotata di strumenti di misura che nel giro di qualche mese ha permesso di disporre di un grafico di confronto dal quale è risultato che il 96% dei task relativi ad altri servizi erano evasi entro 8 settimane a fronte di un livello di servizio non ancora definito ma che sarebbe stato ragionevole fissare a 4 settimane o meno.

Potendo disporre di tali metriche e di una sostanziale prevedibilità complessiva dei propri servizi il team IT di Grow ha ridistribuito i carichi di lavoro e riallocato la propria capacità produttiva, sostanzialmente lavorando su un’agenda settimanale condivisa degli impegni del team per riequilibrare le performance dei servizi e ottimizzare i livelli di servizio verso il business.

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Un altro aiuto per un mondo di code: shift-left

Un altro approccio suggerito da ITIL4 che ci può aiutare nel nostro nuovo mondo fatto di ‘social distancing’ e lunghe code per tutto è quello che va sotto il nome di Shift-left. Di che cosa si tratta?

Shift-left (letteralmente “sposta a sinistra”) si riferisce a un qualunque processo, che di solito è rappresentato in uno schema che procede da sinistra verso destra, e significa spostare un’attività e la relativa responsabilità verso la stazione di processo che è immediatamente a monte nel processo, quindi nello schema l’attività si sposta appunto a sinistra. Questo si rende necessario perché tipicamente la stazione a valle è più lenta, spesso è un collo di bottiglia e si cerca con lo shift-left di rendere più spedito tutto il processo, riducendo quindi i tempi di attesa in coda.

Prendiamo un esempio semplice, che possiamo sperimentare tutti, quello di una coda alla cassa di un supermercato. Una tipica operazione di shift-left è quella di mettere dei lettori di codice a barre a disposizione degli utenti del supermercato e far fare a questi ultimi, mentre sono in coda alla cassa, la lettura dei codici dei prodotti nel carrello, in modo che quando viene il loro turno le operazioni in cassa siano più rapide. L’operatore di cassa deve svolgere solo un controllo visivo sommario sul carrello e gestire il pagamento, con notevole risparmio di tempo alla cassa e conseguente risparmio sui tempi di attesa in coda.

Un altro esempio tipico è quello di far precompilare online agli utenti di un servizio un form con i propri dati, in modo che una volta arrivati allo sportello fisico l’operatore abbia già tutti i dati inseriti e debba solo controllarli, con risparmio di tempi e di code.

Esiste anche un concetto, meno comune, di Shift-right (“sposta a destra”) che significa, questa volta, spostare una attività e la relativa responsabilità verso la stazione di processo che è immediatamente a valle nel processo, quindi nello schema l’attività si sposta a destra.

Tutte le volte che ci viene messa a disposizione un’applicazione per il PC o per lo smartphone che non è stata completamente testata dagli sviluppatori, i quali si affidano ai feedback degli utenti per la messa a punto dell’applicazione, siamo in presenza di un approccio di Shift-right. L’attività di test è stata di fatto delegata agli utenti, che nel processo di sviluppo dell’applicazione stanno a valle.

Anche nel caso dei concetti di Shift-left e Shift-right, come per Swarming si tratta di approcci che si sono sempre utilizzati, ad ITIL4 il merito di averli suggeriti e sistematizzati.

Swarming ovvero un aiuto per un mondo di code

Il mondo in cui ci siamo venuti a trovare a causa del COVID-19 è caratterizzato dalle code. Con la necessità del ‘social distancing’, di mantenere la ‘distanza sociale di sicurezza’, si sono create code lunghissime ovunque. Code fisiche, come le code che si formavano fuori dai supermercati i primi giorni dell’emergenza, o code virtuali, ora che progressivamente si sta riaprendo e ci si sta organizzando per gestirle con sistemi di ticketing via app. Ma ormai viviamo di code e sono sempre code lunghe. Quali metodi ci possono aiutare a gestire meglio le code e i servizi che si rinnovano in un mondo che è cambiato?

Prendendo spunto da ITIL4, edizione più recente del framework più noto per la gestione dei servizi non solo IT, mi viene in mente Swarming (letteralmente lo ‘sciame delle api’), un approccio che viene suggerito per aiutare a migliorare la gestione delle code. Di che cosa si tratta?

Swarming è definito come ‘un metodo per gestire il lavoro in cui un gruppo di risorse specialistiche o di stakeholder lavorano su un’attività inizialmente tutti assieme fino a quando non diventa chiaro chi è nella posizione migliore per continuare a svolgere il lavoro e a quel punto gli altri sono lasciati liberi di dedicarsi ad altri compiti’. Proviamo a capire meglio cosa significa in pratica.

L’idea fondamentale di Swarming parte da alcune osservazioni sui  limiti di efficacia dei sistemi classici di gestione delle code:

  • i ticket tipicamente vengono assegnati alle differenti code da parte del primo livello (chi prende in carico la richiesta) e il primo livello spesso non ha le competenze per valutare ne la priorità del ticket né a quale gruppo inoltrare il ticket stesso. Quello che spesso succede è che il ticket viene instradato in maniera non corretta e quindi deve essere riassegnato successivamente a una coda diversa allungando i tempi di evasione della richiesta perché il ticket resta in giro per molto più tempo prima di venire assegnato al gruppo di lavoro che è in grado di risolverlo e di gestirlo correttamente
  • la scarsa comprensione della richiesta porta spesso a fare escalation verso team di specialisti per dei ticket per i quali in realtà non sarebbe necessario, causando così un sovraccarico sulle risorse più specializzate alle quali viene assegnato il ticket e così facendo rallentando il processo e allungando i tempi di evasione della richiesta

Cosa fa quindi Swarming? In realtà fa la cosa più vecchia del mondo, quella che abbiamo sempre visto fare a tutti i ristoratori capaci di gestire l’affollamento dentro e fuori dal proprio locale: qualcuno, di solito il titolare nel locale, non si prende alcun compito preciso ma dedica il suo tempo a verificare se tutte le situazioni nelle quali viene gestita una coda stanno funzionando correttamente e se non stanno funzionando correttamente interviene a supporto. Gli interventi del titolare tipicamente riguardano:

  • la coda all’esterno del locale, dalla quale vengono fatti passare avanti gruppi piccoli , tipicamente di due persone, perché magari all’interno si sono liberati dei tavoli da due
  • Il monitoraggio delle richieste in cucina, per verificare che non ci siano intoppi all’evasione in tempi accettabili
  • il monitoraggio dei tavoli per accertarsi che non ci sia nessun ospite che sta aspettando un tempo eccessivo per ricevere il servizio al tavolo

Questo esempio, che abbiamo tutti sotto gli occhi, ci aiuta a capire quelli che nella sostanza sono i tre tipi di Swarming che vengono suggeriti:

  • Dispatch Swarms: esperti vanno a pescare dalla coda in ingresso al sistema non necessariamente l’attività che si trova in prima posizione e mandano invece avanti quelle attività per le quali vedono la possibilità di essere evase in maniera efficace rapidamente; nel nostro esempio è il titolare del locale (il nostro ‘esperto’) che esce e verifica se ci sono gruppi corrispondenti ai tavoli che si sono liberati all’interno e li manda avanti
  • Backlog Swarms: esperti vanno regolarmente a verificare le attività presenti nelle varie code all’interno del sistema e le evadono o le riassegnano ad altre code senza generare inutili attese; nel nostro esempio è sempre il titolare del locale che verifica regolarmente la coda delle richieste alla cucina o al forno della pizza e riorganizza il lavoro in modo da far procedere più spedita l’evasione delle richieste, eventualmente svolgendo lui stesso il lavoro
  • Drop-in Swarms: esperti monitorano regolarmente il lavoro di altri operatori e intervengono a supporto quando lo ritengono opportuno per accelerare il lavoro; nel nostro esempio è di nuovo il titolare del locale che monitora il lavoro dei camerieri ai tavoli e interviene a loro supporto qualora ritenga che possa essere utile per accelerare e migliorare il servizio

Come si vede bene è un’idea antica, che se applicata in modo sistematico può migliorare di molto la gestione del servizio anche in presenza di lunghe code. L’obiezione principale che viene fatta all’adozione dello Swarming è il fatto che l’impiego di esperti in un ruolo di supporto e quindi in definitiva senza nessun ruolo proprio assegnato, è visto come un uso inefficiente delle risorse aziendali.

L’esempio che ho fatto del nostro ristoratore penso tolga qualunque dubbio: abbiamo sperimentato tutti come i locali in cui il titolare svolge le azioni appena descritte siano nel complesso più efficienti.

Peraltro tali locali sono anche più gradevoli perché il titolare di solito non si limita a fare Swarming ma coinvolge gli avventori in una esperienza umana che poi è la vera ragion d’essere del suo lavoro e del suo servizio. E in questo momento abbiamo bisogno soprattutto di quello, di una migliore esperienza di servizio, nonostante la mascherina sul viso.

Lavoro Meglio mi ha intervistato su Cynefin

Ascolta “#126 Puntata speciale [Intervista] Cynefin” su Spreaker.

Ringrazio l’amica e collega Leonarda Vanicelli, podcaster di Lavoro Meglio, che mi ha voluto invitare a fare una chiacchierata su Cynefin, il tema del mio ultimo articolo.

Qui sopra potete ascoltare l’intervista. Auguro veramente a tutti di potersi dedicare ad attività che valorizzino la nostra umanità per fare cose straordinarie assieme.